La globalizzazione è uno dei fenomeni più antichi della storia dell’umanità. Da millenni, persone provenienti da diverse regioni e tradizioni culturali scambiano esperienze, assimilano elementi delle società più vicine e anche quelli di comunità più lontane. Tra l’altro trasmettono le loro abitudini. Questo processo si è intensificato dall’età delle esplorazioni marittime europee dell’era moderna, e soprattutto nel XX secolo, ma gli abitanti della penisola italica lo sperimentarono profondamente molto prima.
Nei suoi tempi più prestigiosi, l’Impero Romano espanse il suo territorio conquistando numerose parti dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente, fino al suo declino, nel V secolo. La sua caduta, tra altre ragioni, è dovuta alle difficoltà amministrative derivate dalla sua vastità, alle invasioni barbariche, agli sconvolgimenti sociali dei popoli dominati e dei romani stessi, oltre alla diffusione del cristianesimo. Molti anni dopo, la cultura proveniente dall’Italia continua a diffondersi in tutto il mondo, principalmente a causa dei movimenti migratori.
L’emigrazione italiana nel mondo ha avuto anche un impatto sul calcio. Ad esempio, diversi calciatori che hanno giocato per l’Italia sono nati in altri paesi. Oggi, la Nazionale è amata in patrie in cui milioni d’italiani hanno fissato le loro radici. Lo stesso succede con le principali squadre di Serie A. Questo amore che va oltre i confini d’Italia risiede anche nel cuore di chi non ha un legame di sangue con l’Italia: il calcio italiano piace anche a quelli che non sanno neanche cos’è un panino. Allo stesso tempo, la Nazionale è come il cemento: serve per unire gli immigrati, mette tutti insieme davanti alle TV per fare il tifo per gli azzurri.
Questa tesi è sostenuta dal designer Paolo Del Vecchio, che ha concepito il progetto “Diaspora”. La sua opera mette in prospettiva i flussi migratori degli italiani e il rapporto degli emigranti con il calcio. Oggi sono oltre 60 milioni gli italiani e suoi discendenti nel mondo, legati alle loro radici per una serie di motivi, tra cui il lo sport, che può suscitarci un forte senso di appartenenza a una comunità e riportarci all’infanzia. Del Vecchio parte dalla sua stessa esperienza: è nato a Metz, in Francia, però suo padre e suoi nonni paterni e materni sono del Mezzogiorno.
Diaspora lavora sull’idea per cui il calcio, attraverso la Nazionale italiana, è la principale forza che spinge alle sue origini coloro che hanno lasciato l’Italia per altri paesi. È anche la Nazionale che rende fieri e riunisce davanti alle TV enormi comunità italo-discendenti in tutto il pianeta. Gli azzurri rappresentano un pilastro dell’identità degli italiani all’estero. Così Del Vecchio ha creato maglie di una “nuova Squadra Azzurra”, quella dei figli, nipoti e pronipoti della diaspora.
Le maglie hanno un disegno “vintage”, che si basa su questi dati ufficiali che riguardano la presenza degli italiani nel mondo. Prende la forma di una trama circolare, come un’onda la cui origine è l’Italia, più o meno densa in funzione del numero di italiani presenti in ogni paese che li accoglie. Il taglio delle casacche ricorda quello utilizzato dalle squadre e dalla Nazionale del dopoguerra fino agli anni 70, con maniche lunghe e collo stretto – un modo di ricordare il momento in cui ci fu la grande terza e ultima onda di emigrazione di massa. Dopo il suo debutto in una mostra sportiva e culturale in Belgio, il progetto ha guadagnato notorietà e una collezione di maglie in edizione limitata è stata prodotta con 500 modelli personalizzati.
L’idea e la sua esecuzione erano buone da sole, ma Del Vecchio non si è fermato. L’impatto positivo di “Diaspora”, i contatti con altri artisti e il tormentone causato dalla mancata qualificazione dell’Italia di Gian Piero Ventura ai Mondiali hanno portato il progetto ad un altro livello. “Avevo sempre in testa di vedere almeno una volta la Squadra Diaspora in campo”, dice l’artista. “Pensavo « forse tra dieci anni quando sarò un po’ più conosciuto, potrò farlo». Ma nell’ottobre 2017 ho incontrato un altro artista, Wolfgang Natlacen, che ha creato un club-opera d’arte a Milano, l’AS Velasca. Ci siamo scambiati esperienze e abbiamo parlato della possibilità di fare un’amichevole tra le nostre due opere d’arte”, ha aggiunto.
È da notare che molto prima del nostro primo contatto, Del Vecchio conobbe Giovanni Ghilardi. Giovanni aveva l’incarico di corrispondente di Calciopédia in Italia e produceva un reportage sul Velasca per la rivista Corner. I due parlarono brevemente, ma fino a quel momento i piani di partnership tra l’artista italo-francese e la squadra di Natlacen non erano ancora concreti e pubblici.
Un mese dopo, però, ci fu un evento tragico e decisivo: l’Italia resta fuori dalla Coppa del Mondo. “A questo punto ne siamo sicuri: dobbiamo fare giocare la Squadra Diaspora durante Russia 2018. L’Italia non gioca il Mondiale, farò giocare l’« Italia Mondiale »”, ride Del Vecchio. In questo modo, l’artista contattò giocatori professionisti italiani nati all’estero e anche degli stranieri con origini italiane, ancora in attività o già ritirati. Una volta accettato l’invito, i calciatori si sarebbero uniti a una rosa formata da dilettanti, da professionisti di diverse aree e avrebbero giocato l’amichevole a Metz.
Hanno supportato l’idea calciatori come il campione del mondo Simone Perrotta, Thiago Motta, Roberto Soriano (Torino), Davide Moscardelli (Pisa), Sebastien De Maio (Bologna), Vincent Laurini (Fiorentina), Enrico Valentini (Norimberga) e Diego Contento (Fortuna Düsseldorf). Nessuno di questi, tuttavia, ha potuto partecipare all’amichevole tra Squadra Diaspora e Velasca, poiché avevano appuntamenti professionali lo stesso giorno. Tuttavia, Del Vecchio è riuscito a portare al capoluogo lombardo sportivi di serie minori e giocatori di prima categoria come Floriano Vanzo (Wassland-Beveren, Belgio), Alexandro Cavagnera (Lugano, Svizzera), Franck Signorino (ex Metz, Nantes e Getafe), e la stella del giorno: Nicola Sansone, attaccante del Villarreal con presenze nella Nazionale maggiore – proprio quella che non è andata ai Mondiali grazie a Ventura.
All’inizio di dicembre, Calciopédia ha fatto un’intervista esclusiva a Paolo Del Vecchio sul progetto, che è ancora in corso. Durante l’intervista l’artista fornisce maggiori dettagli sul lavoro, parla dei suoi piani sempre più ambiziosi, rivela chi è l’altro giocatore della Nazionale che potrà presto aggiungersi alla formazione e racconta sua della voglia di portare la “Squadra Diaspora” in Brasile. Forse a Santa Teresa, la prima città brasiliana fondata da italiani – per coincidenza, lo stesso luogo da dove proviene la famiglia « italiana » dell’autore di quest’articolo. Leggi sotto il testo integrale della sua intervista.
Da dove (città e regioni) vengono i tuoi nonni?
Il mio papà con i suoi genitori (famiglia Del Vecchio) vengono da San Severo, in Puglia. Il papà della mia mamma (famiglia Grossi) viene da Sora (Lazio, Frosinone), sua moglie è franco-tedesca. Le due famiglie sono arrivate in Lorraine (nord-est della Francia, vicino a Lussemburgo e Germania) e i miei genitori si sono conosciuti nell’associazione italiana creata da mio nonno Bruno Grossi. Quindi « percentualmente » sono 3/4 italiano, 1/8 francese ed 1/8 tedesco.
Perché hai fatto la scelta di riflettere specificamente sui flussi migratori del novecento, con un riferimento più chiaro al periodo del dopoguerra fino agli anni 70?
La ragione principale è che volevo parlare di gente che sente questa migrazione ancora oggi. Come ho detto nel progetto, i migranti si integrano e dopo 100 anni o di più, essere di qualunque origine diventa un dettaglio della storia, ed è giusto che sia così. Anche i migranti più « recenti » ed i loro figli passeranno questo processo di integrazione, come mostra l’onde nell’illustrazione delle maglie. Poco a poco si creano nuovi equilibri. Il dopoguerra è stato un momento molto importante nella migrazione italiana. Il fatto è che le maglie del 1949 somigliano molto alle maglie del 1978, con le maniche lunghe, collo stretto… Un modello che poi è sparito. Ecco perché ho scelto di ispirarmi a questo « taglio » per disegnare la mia maglia.
Secondo i miei conti il progetto ha già tre anni, vero? Quante partite sono già state fatte fino ad oggi? Oltre a Sansone, Guarneri e Signorino, altri calciatori professionisti hanno giocato questi match?
Sì, il progetto è nato tre anni fa. Però nel novembre 2015 è uscito « solo » un prototipo della maglia, per una mostra in Belgio « Foot Fair Play ». All’inizio quest’opera doveva chiudersi lì. Però nei mesi successivi ci sono stati articoli web in Francia, Belgio ed Italia, e nei commenti c’era gente che mi mandava ringraziamenti per aver creato un oggetto rappresentativo del loro sentimento di appartenenza da « italiano all’estero », o figlio di migranti metà italiani e metà qualcos’altro. Mi sono reso conto che questa gente possiede quasi un identità propria. A questo punto la maglia Diaspora diventa quasi un passaporto da « migrante di origini italiane ». Ho deciso che si doveva dare la possibilità a questa gente di partecipare al progetto, permettendogli di comprare la maglia, personalizzarla col nome della famiglia migrante o il luogo di provenienza in Italia, per esempio, e la gente è stata molto creativa nella personalizzazione.
Ho aperto un crowdfunding per poter produrre 500 maglie, tutte numerate e firmate, e sono riuscito a raccogliere 8000€. Insomma la gente in Francia, Svizzera, Belgio che aveva visto il progetto si è riconosciuta. Tutta la produzione è avvenuta in Francia. Il tessuto, la serigrafia, il montaggio, tutto. È un dettaglio molto importante non solo per la qualità dell’oggetto, ma soprattutto per parlare di un fatto: quando gli italiani sono emigrati, hanno sempre lavorato molto bene nei luoghi di arrivo. Europa, America, Australia… Si sono sempre integrati molto bene senza mai dimenticare la loro storia e cultura. Sempre con orgoglio. Nel febbraio 2017 ho organizzato la serata di inaugurazione di questa produzione in un ristorante italiano a Metz (Francia, dove sono nato). Poi ho cominciato a contattare giocatori, artisti, giornalisti.
Avevo sempre in testa di vedere almeno una volta una Squadra Diaspora in campo. Però era un’idea pazza. Pensavo « forse tra 10 anni quando sarò un po’ più conosciuto, potrò farlo ». Ma ho incontrato un altro artista (Wolfgang Natlacen) che ha creato un club-opera d’arte a Milano (AS Velasca), nell’ottobre 2017, e abbiamo cominciato a parlare di una possibile partita tra le nostre due opere d’arte.
Poi c’è stato un evento tragico e determinante: il 13 novembre 2017, l’Italia fallisce alle qualificazione al mondiale. A questo punto ne siamo sicuri: dobbiamo fare giocare la Squadra Diaspora durante il mondiale 2018. L’Italia non gioca il Mondiale, farò giocare l’ « Italia Mondiale ». Ho lavorato come un pazzo per contattare gente come calciatori professionisti, ma anche un cronista famoso per commentare la partita, ho nominato Simone Rovera (giornalista italiano migrato in Francia per lavoro) come CT…
Il 9 giugno 2018, a Metz, abbiamo giocato la prima partita nella storia della Squadra Diaspora con ragazzi e ragazze, calciatori e calciatrici, ma anche artisti, giornalisti e « sconosciuti ». Questo era bello: avere nella stessa squadra gente di orizzonti molto diversi, uniti dalle origini ed un certo « sradicamento ».
Quindi per adesso c’è stata solo una partita. Mi piacerebbe organizzarne una all’anno nei luoghi che hanno visto una grande immigrazione italiana: Belgio, Germania, Argentina, Brasile, Uruguay, Australia, Canada, Stati Uniti… Fare un giro per il mondo.
Per la prima partita ho contattato tutti questi giocatori ma non sono potuti venire: Simone Perrotta, Roberto Soriano (Bologna), Thiago Motta, Davide Moscardelli, Sebastien De Maio (Bologna), Vincent Laurini (Fiorentina), Enrico Valentini (Norimberga), Diego Contento (Fortuna Düsseldorf). Invece come ex professionisti e professionisti abbiamo avuto Francesco La Cavera (preparatore di portieri), Nicola Sansone (Bologna), Floriano Vanzo (Wassland Beveren), Alexandro Cavagnera (milanista in prestito al Lugano), Franck Signorino (ex Metz), Lillo Guarneri (portiere della Primavera del Milan).
La prossima partita dovrebbe giocarsi a Milano per il « ritorno » contro l’AS Velasca, tipo la Squadra Diaspora che torna sulle radici. Proverò ad avere qualche giocatore professionista in più, però sono legato all’idea che la squadra deve rappresentare tutti, non solo quei ragazzi che sono diventati calciatori.
Hai detto che sei in contatto con l’agente di Thiago Motta, ex centrocampista azzurro. Hai anche intenzione di invitare per la “Nazionale della Diaspora” stranieri di origini italiane che hanno un forte legame con squadre del paese, come Amantino Mancini, Diego Milito e Mark Bresciano?
Tutti quelli che hanno una storia da raccontare sono i benvenuti. Mark Bresciano ho sempre voluto invitarlo perché rappresenta la migrazione in Australia, cosa molto interessante, ma non sono ancora riuscito a contattarlo. Invece Vincenzo Grifo, fresco della sua prima presenza in Nazionale A, ha appena avuto la maglia! Spero di averlo per la prossima partita, per un attacco di fuoco con Nicola Sansone!
Forse un giorno vedremo la tua squadra in Brasile? Nel caso in cui si svolga una partita nel nostro paese, quale pensi che sarebbe la regione più appropriata per farla e l’avversario perfetto? Abbiamo dei suggerimenti: gli stati di São Paulo, Santa Catarina, Espírito Santo e Rio Grande do Sul e le seguenti squadre: Palmeiras, Cruzeiro e Juventus da Mooca (quest’ultima ha lanciato Thiago Motta).
Spero davvero di poter giocare in Brasile nei prossimi anni. Avevo sempre pensato al famoso Palmeiras per ragioni evidenti, però dovrei fare una ricerca più approfondita per trovare il luogo più appropriato. Certamente in una regione dove ci sono tracce della migrazione italiana in Brasile. Forse a Santa Teresa, la città del tuo padre, che è la prima località brasiliana fondata da italiani. Sono davvero curioso di poter discutere con persone di origini italiane, seconda, terza o quarta generazione. L’idea del progetto è soprattutto raccontare una storia. Ecco perché Instagram è fondamentale: permette alla gente di mandarmi una foto o video con la maglia nel luogo di migrazione, e raccontare la propria storia.
Tutti gli italiani che conosco sono molto fieri delle loro origini. Coloro che vivono lontano d’Italia sono anche sempre nostalgici e spesso conservano abitudini e tradizioni culturali anche in altri paesi. L’immigrazione ha portato la cultura italiana ai confini del mondo e ha influenzato tantissimo le società dei paesi in cui è avvenuta. Come hai scritto sul sito web del tuo progetto, si va verso l’integrazione ed evoluzione di un patrimonio. Oggi il flusso è inverso: è proprio l’Italia che riceve molti migranti, che cercano di integrarsi con la società, in particolare attraverso il calcio. Cosa ne pensi dell’arrivo degli immigranti e i suoi vari effetti?
La situazione in Italia è molto complessa. Ci sono migranti che vogliono integrarsi, altri che vogliono solo entrare in Europa per raggiungere altri paesi, visto che l’Italia è la « porta d’entrata » più comoda. In più ci sono diversi tipi di migrazione: quella legata all’economia, quella legata a situazioni di guerra. Non mi permetterei di dare un giudizio su una situazione così complessa. Però quello che mi sento di dire è che dobbiamo aiutare la gente che ha maggiori difficoltà delle nostre. Dobbiamo trovare delle soluzioni. Gli italiani, dove sono migrati, hanno trovato qualche difficoltà prima di integrarsi. In Francia sono stati massacrati, insultati: questo non dobbiamo dimenticarlo, per facilitare la vita di tutti.
Dal punto di vista culturale, mi piace l’idea che ognuno possa portare qualcosa, e possiamo scambiarci esperienze. Solo così si costruisce qualcosa di nuovo, di più interessante. Dobbiamo aprirci e non chiuderci. Mi piacerebbe che l’umanità crescesse e trovasse una certa pacificazione in generale. Però rimarrà un sogno per tanti anni.
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Articolo tradotto da Ilaria Di Stani.